Risvegli. Dunque.
Finalmente un po’ di tempo per tirare le mie somme. Io che di matematica non ci ho mai capito granché. E di politica, oggi più che mai, anche meno.
Parto subito infatti col riconoscere senza giri di palle che io davvero non me lo aspettavo. Manco ci speravo. Anzi, basta vedere un paio di post fa, mi ero già rassegnato. E ce l’avevo poprio con il Polipo delle Libertà che nella mia lettura decadente lasciava in pasto Roma al Tardo Impero.
Perciò tocca che io ammetta pubblicamente, che lo psiconano mi ha fregato per 2 volte di fila. Non ci sono cazzi. Io prevedevo un sua vittoria risicata nella Nazione, e un conseguente inciucio con il bruco che ovviamente comportava la nostra testa romana. E mi sembrava tardi per la volata del buon perdente Alemanno. Anche perché qui la tesi della corsa solitaria di sVeltroni non valeva. Tra Totti, Ferrara e Liberazione ci mancava solo Falcao a benedire la santa (ri)Unione…
Ma quando ieri all’apertura delle prime sezioni ho visto il sorpasso iniziale, ho capito che stava accadendo l’incredibile. E solo ora mi sono ripreso dalla sbornia.
Non perderò tempo a spiegare che non ne faccio una questione di fede politica, ideologica o clientelare. Tanto chi ci vuole credere, appunto, ci crede.
Prendo solo i fatti. Ed essi dicono che i romani erano proprio stufi, o meglio, una gran parte di loro. Già perché quello che ancora voglio far capire a chi si ostina a scongiurare fantasmi di fasci e saluti romani (che poi come dice bene Albert1 fa solo rosicare che per certi idioti ignoranti come pietre ci dobbiamo proprio scordare di alcuni simboli di Roma che fu un po’ prima del ventennio) è che tanto per cambiare anche questi risultati spiegano come le parti si siano da tempo rovesciate, e ormai definitivamente.
immagine presa da Il Messaggero Roma (cronaca di Roma)
Roma Rossa tiene al centvo stovico, mentre cede di schianto nelle periferie. Il più bell’articolo a riguardo l’ho letto su Il Messaggero, La caduta dell’Impero Romano di Sinistra.
Titolo perfetto. Emblematico (nei contenuti forse è perfino più sadico quello del corsera). E lo dico da privilegiato che vive nel cuore di Roma, e che litiga tutti i giorni con questi stronzi di usurpatori prepotenti, incivili, che si fottono i palazzi, le strade, le piazze, mentre si parano il culo di scorte, vanno alle feste, si credono intellettuali, si fanno i varchi privati per i loro passaggi blu, e intanto la città è in ginocchio, nel traffico, nel vandalismo, nell’insicurezza.. Già, perché Rutelli ha parlato dell’insicurezza come di un colpo di sfiga (più o meno orchestrato!?). Ma perché non si fa un giro col suo motorino (da solo) la notte nelle zone buie? Forse avrebbe scoperto che se c’è tanta insicurezza un motivo esiste. Non è un tiro a dadi riuscito male.
La gente è satura della sproporzione che esiste fra chi dovrebbe amministrarci e chi vive nella realtà quotidiana. Quante volte ho detto che a Roma si respira un clima che potrebbe ricordare quello della Parigi prima della Rivoluzione. Loro sembrano scoprirlo solo oggi, forse.
Hanno paura. La Bastiglia è andata. Versailles trema.
Chiesa, politica, alta borghesia, finanzieri, palazzinari, sindacati e tribuni della plebe (a parole e al ristorante). Tutti hanno provato a tenere in piedi il castello. Ma finalmente i cittadini si sono svegliati, e per tutti, anche per quelli come noi che avevano smesso di sperare, ora è una Pasqua.
Ripeto ancora che forse finiremmo dalla padella nella brace. Noi saremo certo i primi e più feroci a tenere il fiato sul collo alla nuova giunta. E forse sarà perfino peggio (penso all’asino di Orwell che prevedeva sempre più nero il futuro di ogni rivoluzione, ed io, da leopardiano convinto, di norma sono pessimista cosmico). Ma per la prima volta da quando vivo a Roma (e non mi venite a dire che abbiamo mai avuto un ribaltone del genere) qualcosa è cambiato.
Così ricorderemo, nel bene e nel male, la giornata di ieri, il 28 Aprile 2008, come:
La Pasqua di Roma. Proprio dopo il suo Natale.
Chiudo con la più bella poesia di Trilussa. Che ben fotografa la nostra pericolosa e romantica euforia…
Mentre, una notte, se n'annava a spasso,
la vecchia Tartaruga fece er passo
più lungo de la gamba e cascò giù
co' la casa vortata sottinsù.
Un Rospo je strillò: - Scema che sei!
Queste so' scappatelle
che costano la pelle... -
- Lo so - rispose lei -
ma, prima de morì, vedo le stelle. -