In onore a Mamma Lupa, e per distrarci dalla rin-corsa al Campidoglio che è diventata (oltre alle solite e rappresentative pseudorisse da tv) una patetica corsa al capezzale del Capitano, mi faccio convincere dagli amici e nemici che hanno la sfortuna di frequentarmi più o meno virtualmente e apro al blog una nuova finestra che per ora mi ero sempre rifiutato di spalancare. Almeno da qui.
I piaceri di Roma. Già perché in tanti, troppi mi hanno fatto notare che io sono solo polemico con la mia Città eternamente amata e non mi sbraco mai a raccontare del Bello e del Buono che in altre sedi venero con tradizione romanesca prioritaria.
E dato che nella vita vengo spesso interpellato invece proprio per fornire indirizzi e amene Weltanschauung su come passare piacevolmente la nostra precaria esistenza, inauguro la nuova sezione partendo ovviamente da uno dei miei prediletti argomenti: Dove mangiare bene.
Ovviamente ci tengo a precisare che non ricevo (e mai lo farò) alcuna marchetta per queste recensioni, dettate solo dal mio estetico cuore e dal mio viziosissimo stomaco.
Così non posso che cominciare dal ristorante che a Roma probabilmente amo di più. Non solo per al qualità del cibo (tipica cucina romana con qualche chicca di classe) ma soprattutto per ubicazione, luogo del banchetto e servizio.
Romolo.

Non poteva che chiamarsi così. Il fondatore di Roma e del proprio piccolo paradiso ristoratore.
Praticamente accanto a Porta Settimiana, nell’angolo che anche Verdone (Un sacco bello) scelse per fotografare il cuore di una Roma di cui sentiamo sempre più nostalgia, c’è questo grazioso ristorante, che dentro nasconde un vero gioiello prezioso. Un delizioso giardino (denominato di Raffaello e della Fornarina) di pace e autentica romanità di un tempo.

Sulla storia precisa e romantica del posto potrete chiedere alla splendida signora Marisa, figlia di Romolo (che se non è nata lì, accanto a quelle scalette, lo ha fatto a pochi metri di distanza).

Ora sediamoci a un tavolo nell’angolo per godere il panorama, magari con la donna che si ama (magari di nome Rea Silvia) e che come te ama il piccolo eden (attenzione qui nascono amori veri), e finalmente ordiniamo al gentilissimo e simpatico faraone del posto, Mimmo.

Non si può non partire dalla Mozzarella alla Fornarina, appunto. Il cui impasto e ingredienti restano custoditi nella meraviglia del primo assaggio.

Come primo io, nella stagione primaverile ed estiva che incalza, propendo per queste ottime e fresche tagliatelle spinaci e gamberi.

Quindi proseguiamo con una spettacolare quanto semplicissima grigliata di mazzancolle.

Infine, mi manca, la foto (ma non il sapore nella memoria e nel cuore) uno sgroppino che ti costringe subito a fare il bis per crisi d’astinenza all’ultima cucchiaiata.
E poi.
E poi come nella migliore tradizione romana (a tavola nun se invecchia) si resta lì, nel silenzio surreale di questo posto fuori dal caos e dentro l’ombelico di Roma, a fare due chiacchiere, bere un limoncello o un cognac, fumarsi un sigaro e dibattere pigramente sull’immortalità dell’anima.
Grazie Romolo.
Per i venali questori della questua a fine pasto, posso dire che la cuenta non fa male, rimanendo in una fascia media (dipende sempre dal vino) che per altro oggi in altri ristoranti meno eleganti ed esteticamente inferiori, quindi la maggior parte, direi che ce la sogniamo.
[NB le foto sono state scattate il 30 Marzo. Oggi il giardino è ovviamente ancora più bello e in fiore].