Controvoglia mi tocca a dire la mia sull’ennesimo pasticciaccio italiano che ovviamente ha a che fare con la mia città.
Premetto che io non sono un ultrà e anzi, dalla mia curva mi sono allontanato in tempi non sospetti per motivi addirittura socio-politici (non mi interessava mischiare le cose e anzi mi annoiava).
Di conseguenza confesso la mia professione di tifo giallorosso.

Ora. Essendo un contagiato di malattia terminale (TIFO significa proprio questo, le balle sullo spettacolo e sul gioco più bello del mondo andate a raccontarle ad altri fessi americanoidi) posso sparare le mie cazzate liberamente.
Allora. Prima di tutto questa tragedia italica col pallone c’entra davvero poco. O meglio, la reazione idiota dei tifosi rappresenta solo l’emblema del rapporto Stato-Popolo del nostro Paese ormai totalmente allo sbando.
Da questo punto di vista occorre finalmente svegliarsi, come da tempo in pochi andiamo dicendo. Quando mi trovo d’accordo con teste di blog agli antipodi come RomaCogitans e Leonardo, significa che davvero la situazione è critica. L’Italia è in ginocchio. La gente non ne può più. Il filo rosso sangue che collega (solo per parlare dei fatti nostri) la notte del derby e il dramma di Tor di Quinto (parlo delle reazioni), fino alla guerriglia dell’altro giorno, non può far trascurare che il terreno rivoluzionario è anche troppo fertile.
Decidere da che parte stare diventa la domanda del giorno.
Non si può fare soldi scrivendo libri come LA CASTA, e poi pretendere il rispetto delle Istituzioni. Non si possono fare governi o giunte che promettono e assicurano garanzie di cambiamento e poi si occupano solo delle proprie retribuzioni. Non si può massacrare sempre il cittadino e poi meravigliarsi perché quest’ultimo non si fida delle forze dell’ordine.
Ecco pensiamo solo a quest’ultimo dato.
Siamo sinceri. Io lo sono e da tempo lo dico. Chi si sente sereno quando vede una divisa?
Pensateci. Siamo in macchina e notiamo una volante o un posto di blocco. Qual’è la prima reazione che abbiamo? Ansia. Ci sentiamo subito possibili trasgressori. Una paletta ci impone di fermarci ed ecco che si manifesta il dramma. Sappiamo che troveranno qualcosa che non va. E noi ci sentiamo prigionieri. Evasi braccati.
Tutti ci siamo trovati nella kafkiana situazione in cui un un ometto in divisa (o in borghese) ci manca di rispetto invece di proteggerci. Io ho paura della polizia. Ecco l’assurdo.
Ed è questo è il sentimento dell’italiano nei confronti delle forze dell’ordine. Lo stadio è solo l’ultimo sincero, autentico coro ditirambico che canta il suo disagio, la sua rabbia, fino a sconfinare nella reazione più idiota. Basta pensare a tale controsenso: Alle tifoserie più violente rode il culo se viene ammazzato ‘uno di loro’. Ma perchè non chiedono la sospensione delle partite se muore un bambino che attraversa la strada rincorrendo un pallone? Ancora meglio: Se fosse per gli ultras che vanno allo stadio con le armi, quanti morti ci sarebbero a domenica senza polizia a fare da cuscino? Ora, è chiaro che io che conosco lo stadio (non solo Roma) so anche benissimo che le vere botte le ho sempre rischiate solo dalle cariche delle forze dell’ordine (i tifosi sanno riconoscere chi vuole fare a schiaffi da chi se ne tira fuori), ma perchè le frange estreme si uniscono per difendere la morte di qualcuno che nemmeno conoscono, quando sono pronte ad ammazzarsi per una sciarpa? Siano oneste anche loro. La cosa è contraddittoria. Se non volete il sangue, non andate alla partita con le armi. Il resto sono chiacchiere. Mi rendo conto il FIGHT CLUB, ma allora non si pianga poi.
Detto questo torniamo allo Stato. Alla sua ennesima, merdosa figura. Che senso ha proteggere il colpevole? Depistare con i media fasulli che leccano il culo e raccontano frottole assurde? Come si può credere che la soluzione di tragedie del genere sia risolvibile in questa maniera? Con che coraggio le istutizioni straparlano di sicurezza?
Che qualcuno della nostra classe dirigente viva nella realtà, senza autoblu e gorilloni. Senza corsie preferenziali. Prendendo il tram e il treno, andando allo stadio e dal panettiere. Che qualcuno capisca che il cittadino italiano deve tornare a fidarsi dello Stato, altrimenti sarà la Rivoluzione.
E speriamo che non sia già troppo tardi.
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